L’ambiente della montagna si presta bene a comprendere il lavoro psicologico.
Il lavoro psicologico è un percorso che si intraprende in due, paziente e terapeuta e, come in montagna, non si può raggiungere la vetta da soli.
Spesso, quando qualcuno condivide l’intenzione di rivolgersi ad uno psicologo, si sente rispondere: “Ma tu sei matto!”… Vero o no?!
Un giorno un giovane paziente mi disse “Avevo una compagna di classe che andava dallo psicologo… L’abbiamo isolata perché… Non sia mai che ci attacchi la pazzia”. La spontaneità di quel ragazzo dimostra quanto sia ancora forte lo stereotipo dello psicologo come medico dei matti.
Poi arriva la pandemia del 2020, la solitudine, l’obbligo di restare a casa con sé stessi e la mente spontaneamente riflette. Arriva il bonus psicologico che legittima la sofferenza emotiva al pari della sofferenza fisica. Ed eccoci qui, nella psicoterapia come metafora della montagna.
Lo sport aiuta, sempre!
Chiunque abbia fatto un’esperienza di analisi ed una qualsiasi gita di montagna con una persona più esperta, può sentire risuonare qualcosa dentro di sé. Chi non avesse avuto esperienza in merito, potrà immaginare e comprenderne il significato.
Fondamentale è la corda che lega la guida di alta montagna al suo cliente, come metafora della relazione tra il paziente e l’analista. Corda che rappresenta la tendenza dell’uomo a stare in relazione con gli altri, per rivivere e ripetere le relazioni del passato, allo scopo di elaborarle, sperimentando una relazione diversa, per chi in analisi è! …Ed allo scopo di riviverle, tali e quali, per chi in analisi non è!
La corda in montagna, come quella nella relazione terapeutica, è fatta di molti fili essenziali:
- Il filo dell’impegno: perché l’analisi, come un’escursione in montagna, è un percorso impegnativo.
- Il filo del piacere: perché in ogni passo verso l’obiettivo, verso la vetta, aumenta la serotonina, l’adrenalina e ci sentiamo bene.
- Il filo del bisogno: perché chi si addentra in montagna ha bisogno di guide e di mappe, proprio come in psicoterapia, dove il terapeuta orienta e sa bene dove andare.
- Il filo dell’affiatamento: perché lo psicologo, come guida più esperta, rispetta il timing del proprio paziente e ne adegua il passo. Perché come dice il racconto di Antoine de Saint-Exupéry “Il Piccolo Principe”, il paziente afferma “Non ti chiedo miracoli o visioni ma… Insegnami l’arte dei piccoli passi” ed aggiungo “così domani saprò andarci da solo”.
- Il filo della verità: perché la montagna, come l’analisi, rende consapevoli dei propri limiti.
- Il filo della fiducia: perché senza fiducia non si va da nessuna parte! Né in montagna, né in analisi, né nella vita.
- Il filo del percorso: perché in analisi come in montagna si parte da un punto (lo start), si esplora il territorio (la vita fino a quel momento), si tracciano delle mappe (significati delle relazioni vissute nel passato e nel presente), si mettono bandierine (punti di arrivo dai quali si ri-parte, con la premessa di cambiare, perché ora che il percorso di cambiamento è iniziato, ripetere la sofferenza non ha più senso).
A parer mio, questa metafora della montagna chiarisce molto bene il significato di un percorso terapeutico che rappresenta un percorso verso l’obiettivo, un percorso da cui si discende cambiati, consapevoli, attrezzati ed allenati per definire nuovi obiettivi.
Ti sei rivista in queste righe? Contattami per avere maggiori informazioni: insieme possiamo (ri)trovare il tuo benessere!
Redatto in esclusiva per il portale Voglio Essere Me.